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130 il palagio d’amore


111.Pensa, né sa di quella schiera eterna
qual beltà con più forza il cor gli mova,
ché mentre gli occhi trasportando alterna
or a questa, or a quella, egual la trova.
Là dove pria s’affisa, e ’l guardo interna,
ivi si ferma, e quel c’ha innanzi approva.
Volgesi a l’una, e bella a pien la stima,
poscia a l’altra passando, oblia la prima.

112.Bella è Giunone, e ’l suo candore intatto
di perla orïental luce somiglia.
Ha leggiadro ogni moto, accorto ogni atto
del maggior Dio la bellicosa figlia.
Ma tien de la bellezza il ver ritratto
la Dea d’Amor nel volto e ne le ciglia;
e tutta, ovunque a risguardarla prenda,
da le chiome a le piante è senza emenda.

113.Un rossor dal candor non ben distinto
varia la guancia, e la confonde e mesce.
Il ligustro di porpora è dipinto,
là dove manca l’un, l’altra s’accresce.
Or vinto il giglio è da la rosa, or vinto
l’ostro appar da l’avorio, or fugge, or esce.
A la neve colà la fiamma cede,
qui la grana col latte in un si vede.

114.D’un nobil quadro di diamante altera
la fronte, e chiara al par del Ciel lampeggia.
Quivi Amor si trastulla, e quindi impera
quasi in sublime e spazïosa reggia.
Gli albori l’Alba, i raggi ogni altra sfera
da lei sol prende, e ’n lei sol si vagheggia,
il cui cristallo limpido riluce
d’una serena e temperata luce.