Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/133

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canto secondo 131


115.Le luci vaghe a meraviglia e belle
senz’alcun paragone uniche e sole
scorno insieme e splendor fanno a le stelle,
in lor si specchia, anzi s’abbaglia il Sole.
Da l’interne radici i cori svelle
qualor volger tranquillo il ciglio suole.
Nel tremulo seren, che ’n lor scintilla,
umido di lascivia il guardo brilla.

116.Per dritta riga da’ begli occhi scende
il filo d’un canal fatto a misura,
da cui fior che s’appressi, invola e prende
più che non porge, aura odorata e pura.
Sotto, ove l’uscio si disserra e fende
de l’erario d’Amore e di Natura,
apre un corallo in due parti diviso
angusto varco a le parole, al riso.

117.Né di sì fresche rose in ciel sereno
ambizïosa Aurora il crin s’asperse,
né di sì fini smalti il grembo pieno
Iride procellosa al Sole offerse,
né di sì vive perle ornato il seno
rugiadosa cocchiglia a l’Alba aperse,
che la bocca pareggi, ov’ha ridente
di ricchezze e d’odori un Orïente.

118.Seminate in più sferze, e sparse in fiocchi
sen van le fila innanellate e bionde
de’ capei d’or, ch’a bello studio sciocchi
lasciva trascuragine confonde.
Or su gli omeri vaghi, or fra’ begli occhi
divisati e dispersi errano in onde;
e crescon grazia a le bellezze illustri
arti neglette, e sprezzature industri.