Vai al contenuto

Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/140

Da Wikisource.
138 il palagio d’amore


143.So che sei tal che signoria non brami,
né di scettri novelli uopo ti face,
ch’ad appagar del tuo desir le fami
il gran regno paterno è ben capace.
Da guerreggiar non hai, poi che i reami
e di Frigia e di Lidia or stanno in pace,
né dèi tu d’ozii amico e di riposi
altri conflitti amar, che gli amorosi.

144.Le battaglie d’Amor non son mortali,
né s’essercita in lor ferro omicida.
Dolci son l’armi sue, son dolci i mali,
senza sangue le piaghe, e senza strida.
Ma non pertanto ad imenei reali
denno aspirar le Villanelle d’Ida;
né dee povera Ninfa ardere il core
a chi pote obligar la Dea d’Amore.

145.Ad uom che d’alta stirpe origin tragge,
sposa non si convien di bassa sorte.
Nulla teco hanno a far nozze selvagge,
nulla confassi a te roza consorte.
Cedano a tetti illustri inculte piagge,
ceda l’umil tugurio a l’ampia Corte.
Curar non dee di contadini amori
Pastor fra’ Regi, e Rege in fra’ Pastori.

146.Tu fra quanti Pastor guardano ovili
sei per forma il più degno, e per etate;
ma le fortune tue rustiche e vili
mi fan certo di te prender pietate.
Peregrini costumi e signorili,
pregio di gioventù, fior di beltate
deh che giovano a te, se gli anni verdi
e te medesmo inutilmente perdi?