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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/179

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canto terzo 177


99.Come resta il Villan, s’a le fresch’onde
quando più latra in Ciel Sirio rabbioso
corre per bere, e vede in su le sponde
la Vipera crudel prender riposo:
o come il Cacciator, che fra le fronde
cerca di Filomena il nido ascoso,
e ficcando la man dentro la cova,
in vece de l’augel, l’aspe vi trova:

100.così lieta in un punto e timidetta
trema costei, quanto pur dianzi ardia.
L’afflige la beltà che la diletta,
il troppo stimular la fa restia.
Brama quel che l’offende, ed è costretta
tuttavolta a temer quel che desia.
Pentesi che tant’oltre erri il desire,
e si pente ancor poi del suo pentire.

101.Tre volte ai lievi e dolci fiati appressa
la bocca, e ’l bacio, e tre s’arresta e cede,
e sprone insieme e fren fatta a se stessa,
vuole e disvuole, or si ritragge, or riede.
Amor, che pur sollecitar non cessa,
la sforza alfine a le soavi prede,
sì ch’ardisce libar le rugiadose
di celeste licor, purpuree rose.

102.Al suon del bacio, ond’ella ambrosia bebbe,
l’addormentato Giovane destossi,
e poi ch’alquanto in sé rivenne, ed ebbe
dal grave sonno i lumi ebri riscossi,
tanto a quel vago oggetto in lui s’accrebbe
stupor, ch’immoto e tacito restossi;
indi da lei, ch’a l’improviso il colse,
per fuggir sbigottito il piè rivolse.