Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/193

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canto terzo 191


155.Poi le luci girando al vicin colle,
dov’era il cespo che ’l bel piè trafisse,
fermossi alquanto a rimirarlo, e volle
il suo fior salutar pria che partisse;
e vedutolo ancor stillante e molle
quivi porporeggiar, così gli disse:
— Salviti il Ciel da tutti oltraggi e danni,
fatal cagion de’ miei felici affanni.

156.Rosa riso d’Amor, del Ciel fattura,
Rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo, e fregio di Natura,
de la Terra e del Sol vergine figlia,
d’ogni Ninfa e Pastor delizia e cura,
onor de l’odorifera famiglia,
tu tien d’ogni beltà le palme prime,
sovra il vulgo de’ fior Donna sublime.

157.Quasi in bel trono Imperadrice altera
siedi colà su la nativa sponda.
Turba d’aure vezzosa e lusinghiera
ti corteggia dintorno, e ti seconda;
e di guardie pungenti armata schiera
ti difende per tutto, e ti circonda.
E tu fastosa del tuo regio vanto
porti d’or la corona, e d’ostro il manto.

158.Porpora de’ giardin, pompa de’ prati,
gemma di Primavera, occhio d’Aprile,
di te le Grazie e gli Amoretti alati
fan ghirlanda a la chioma, al sen monile.
Tu qualor torna agli alimenti usati
Ape leggiadra o Zefiro gentile,
dài lor da bere in tazza di rubini
rugiadosi licori e cristallini.