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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/236

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234 la novelletta


135.Ma noi, noi che sollecite a la cura
de la salute tua siam sempre intente,
convien ch’a parte d’ogni tua sciagura
abbiam del commun danno il cor dolente.
Sappi, che quel, che ’n su la notte oscura
giacer teco si suole, è un fier Serpente:
un Serpente crudele esser per certo
quel che teco si giace, abbiam scoverto.

136.Videl più d’un pastor non senza rischio,
quando a sera talor torna dal pasto,
guadar il fiume, e varïato a mischio
trarsi dietro gran spazio il corpo vasto.
Intorno a sé dal formidabil fischio
lasciando il ciel contaminato e guasto,
con lunghe spire per l’immonde arene
(se vederlo sapessi!) a te ne viene.

137.Viensene in più volubili volumi
divincolando il flessuoso seno.
Da’ minacciosi e spaventosi lumi
esce strano fulgor, ch’arde il terreno;
e di nebbia mortal torbidi fumi
infetti di pestifero veleno
sbuffando intorno, a lato a te si caccia,
e fa la cova sua fra le tue braccia.

138.Par ch’oltre a sé si sporga e ’n sé rïentre,
e ne’ lubrici tratti onda somiglia,
e fuggendo e seguendo il proprio ventre,
lascia se stesso, e se stesso ripiglia.
Poi chiude i giri in un sol groppo, e mentre
in mille obliqui globi s’attortiglia,
di ben profondo solco, ove s’accampa,
quasi vomere acuto, il prato stampa.