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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/266

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264 la novelletta


255.Risoluta di cedere al destino
va Psiche per sommergersi in quell’onde;
ma verde Canna, che del rio vicino
vive su le palustri e fresche sponde,
animata da spirito divino,
e mossa da leggiere aure seconde,
ode con dolce e musico concento
sussurrar questo suon tremulo e lento:

256.«O da tanti travagli e sì diversi
essercitata per sì lunghe vie,
deh non volere i bei cristalli tersi
macchiar col sangue tuo de l'acque mie;
né contro i Mostri andar crudi e perversi,
ch’abitan queste spiagge infami e rie:
fere, c’han di fin or la pelle adorna,
ma sasso hanno la fronte, acciar le corna.

257.Tocche dal Sol, qualor più forte avampa,
entrano in rabbia immoderata orrenda,
dal cui dente crudel morte non scampa
chiunque il morso avelenato offenda.
Aspetta pur, che la più chiara lampa
a mezo ’l cielo in su ’l meriggio ascenda:
nel centro allor de l’ampia selva ombrosa
la greggia formidabile si posa.

258.E tu di quel gran platano nascosta
sotto i frondosi e spazïosi rami,
fin che l'ira dormendo abbia deposta,
potrai tutto esseguir quantunque brami,
e secura carpir quindi a tua posta
de l’auree lane i prezïosi stami,
che rimangon negli arbori che tocca
implicati e pendenti a ciocca a ciocca».