287.La Dea l’ascolta, e di stupore impètra,
che ’n tanti rischi indomita la trova.
Ma ’l petto a quel parlar l’apre e penetra
un non so che di tenerezza nova.
Il diamante del cor pietà le spetra,
ond’a forza convien che si commova.
Ella nol mostra, e col suo sdegno ha sdegno,
che cede vinto a l’aversaria il regno.
288.In questo mezo io pur temendo in vero
il minacciato mal, con tanta fretta
rivolo inverso il Ciel, che men leggiero
di mal pieghevol arco esce saetta.
Quivi al Monarca del celeste impero
espongo ogni ragion ch’a me s’aspetta.
Narro di lei gl’ingiusti oltraggi, e come
grava ognor Psiche d’indiscrete some.
289.Prego, lusingo il suo gran Nume eterno,
e gli fo del mio cor la fiamma nota.
Sorrise Giove, e con amor paterno
mi prese il mento e mi baciò la gota.
«Se ben» disse «il tuo ardir con tanto scherno
sovente incontr’a me gli strali arrota,
sì ch’a tòr forme indegne anco m’ha mosso,
a tuoi preghi però mancar non posso».
290.Gli Dei convoca, e quest’affar consiglia,
e le mie nozze celebrar comanda.
Essorta a contentarsene la figlia,
poscia il suo fido nunzio in terra manda.
Rapita già tra l’immortal famiglia
gusta il cibo divino e la bevanda,
e meco dopo tante aspre fatiche
nel teatro del Ciel sposata è Psiche.