Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/339

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67.Ed ecco, mentre l’amorosa traccia
segue anelante, e giungerla si sforza,
degli occhi amati e de l’amata faccia
repentino rigor la luce ammorza.
Fansi radici i piè, rami le braccia,
imprigiona i bei membri ispida scorza.
Gode egli almen le sue dorate e bionde
chiome fregiar de le giá chiome, or fronde.

68.Volgiti poscia al vecchiarei Saturno,
tutto vóto di sangue, e carco d’anni,
come invaghito d’un bel viso eburno
in forma di destrier la moglie inganni.
Mira quel dal cappello e dal coturno,
c’ha nel coturno e nel cappello i vanni.
Quegli è il Corrier di Giove, e ’n terra scende
ché de la Ninfa Maura Amor l’accende.

69.Pon’ mente lá, dove la Notte ha stese
l’ombre tacite intorno, e ’l mondo imbruna,
come per disfogar sue voglie accese,
le due disciolte trecce accolte in una,
si reca in braccio placida e cortese
al Vago suo l’innamorata Luna,
e fra’ poggi di Lathmo al suo Pastore
addormenta le luci, e sveglia il core.

70.Mira il selvaggio Dio non lunge molto,
ch’uscito fuor d’una spelonca vecchia,
di verdi salci e fresche canne avolto
le corna, i crini, e l’una e l’altra orecchia,
al del leva le luci, e nel bel volto
de la candida Dea s’affisa e specchia,
e par la preghi in sí pietosi modi,
che vi scorgi il pensier, la voce n’odi.

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