Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/340

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71.L’argentata del Ciel luce sovrana
deposta alfin la lusingata Diva,
a le promesse de la bianca lana
dal suo chiaro balcon scender non schiva.
Vedila (or chi dirá che sia Diana?)
col rozo amante in solitaria riva,
e ’n vece di lassú guidar le stelle,
su 1 frondoso Liceo tonder l’agnelle.

72.Poi vedi Endimi’on da l’altro lato
quindi avampar d’un amoroso sdegno,
e col capo e col dito il Nume amato
di rampognar, di minacciar fa segno.
«Perfida» par le dica in vista irato
«perfida, or ché non celi il lume indegno?
Perfida, avara, e disleale amante,
piú volubil nel cor, che nel sembiante *>.

73.De la fiamma gentil che nel mar nacque
ecco poscia arde il mare, arde l’Inferno.
Arder quel Dio si vede in mezo l’acque
che de l’acque e del mar volge il governo.
Arde per la beltá che sí gli piacque
il Tiranno crudel de l’odio eterno.
Strugge ardore amoroso il cor severo
a quel Signor c’ha degli ardori impero.

74.Sí dice l’un, l’altro gli sguardi e l’orme
a le mura superbe intento gira,
e mentre queste ed altre illustri forme,
di cui son tutte effigiate, ammira,
sembra, né sa s’ei vegghia, o pur s’ei dorme,
statua animata, imagine che spira,
anzi piú tosto un’insensata e finta
tra figure spiranti ombra dipinta.