Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/387

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35.Fa de la gola lusinghiera e dolce
talor ben lunga articolata scala.
Quinci quell'armonia, che l'aura molce,
ondeggiando per gradi, in alto essala,
e poi ch'alquanto si sostiene e folce,
precipitosa a piombo alfin si cala.
Alzando a piena gorga indi lo scoppio,
forma di trilli un contrapunto doppio.

36.Par ch'abbia entro le fauci e in ogni fibra
rapida rota o turbine veloce.
Sembra la lingua, che si volge e vibra,
spada di schermidor destro e feroce.
Se piega e 'ncrespa, o se sospende e libra
in riposati numeri la voce,
spirto il dirai del Ciel, che 'n tanti modi
figurato e trapunto il canto snodi.

37.Chi crederá, che forze accoglier possa
animetta si picciola cotante?
e celar tra le vene e dentro l'ossa
tanta dolcezza un atomo sonante?
o ch'altro sia, che da liev'aura mossa
una voce pennuta, un suon volante?
e vestito di penne un vivo fiato,
una piuma canora, un canto alato?

38.Mercurio allor, che con orecchie fisse
vide Adone ascoltar canto si bello:
— Deh che ti pare — a lui rivolto disse —
de la divinitá di quell’augello?
Diresti mai, che tanta lena unisse
in sí poca sostanza un spiritello?
un spiritei, che d’armonia composto
vive in sí anguste viscere nascosto?

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