Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/391

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51.Vola su per le corde or basso, or alto,
piú che l’istesso augel, la man spedita.
Di sú di giú con repentino salto
van balenando le leggiere dita.
D’un fier conflitto e d’un confuso assalto
inimitabilmente i moti imita,
ed agguaglia col suon de’ dolci carmi
i bellicosí strepiti de Tarmi.

52.Timpani e trombe, e tutto ciò che quando
serra in campo le schiere osserva Marte,
i suoi turbini spessi accelerando,
ne la dotta sonata esprime l’arte,
e tuttavia moltiplica sonando
le tempeste de’ groppi in ogni parte;
e mentr’ei l’armonia cosí confonde,
il suo competitor nulla risponde.

53.Poi tace, e vuol veder se l’augelletto
col canto il suon per pareggiarlo adegua.
Raccoglie quello ogni sua forza al petto,
né vuole in guerra tal pace né tregua.
Ma come un debil corpo e pargoletto
esser può mai, ch’un sí gran corso segua?
Maestria tale, ed artificio tanto
semplice e naturai non cape un canto.

54.Poi che molte e molt’ore ardita e franca
pugnò del pari la canora coppia,
ecco il povero augel, ch’alfin si stanca,
e langue, e sviene, e ’nfievolisce, e scoppia.
Cosí qual face, che vacilla e manca,
e maggior nel mancar luce raddoppia,
da la lingua, che mai ceder non volse,
il dilicato spirito si sciolse.