Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/421

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171.Non ha piè, non ha stinchi ond’ei si regga,
ha l’orecchie recise e ’l naso monco.
lo non so come scriva e vada e segga,
ch’è storpiato e smembrato, e zoppo e cionco.
Ma ben che cosí rotto egli si vegga,
che del corpo gli resta a pena il tronco,
non pertanto l’audacia in lui si scema:
poi che sol de la lingua il mondo trema.

172.Tal qual è, senza piante e senza gambe,
ne’ secoli futuri e ne’ presenti,
de le man privo e de le braccia entrambe,
l’Universo però fia che spaventi.
Quai piaghe ei faccia, il saprá ben Licambe,
che còlto da’ suoi strali aspri e pungenti,
ili desperato laccio avinto il collo,
dará di propria man l’ultimo crollo.

173.Gran cose ha di costui Febo indovino
e previste e predette agli altri Numi.
Pronosticò che nome avrá Pasquino,
correttor de le genti e de’ costumi:
che per terror de’ Principi il destino
gli dará d’eloquenza e mari e fiumi:
e ch’imitarlo poi molti vorranno,
ma non senza periglio e senza danno.

174.Nemico è de la Fama e de la Corte,
lacera i nomi, e d’adular non usa;
in ferir tutti è simile a la Morte,
s’io lui riprendo, egli me stesso accusa,
con dir che ’l mio dir mal non è di sorte
che la malizia altrui resti confusa.
Che piú? non ch’altri, il gran Monarca eterno
nota, punta, ripicca, e prende a scherno.