Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/429

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203.L’ordito intrico in guisa tal si strinse,
e sí forte dintorno allor gl’involse,
che per scoter colui non se ne scinse,
per dibatter costei non se ne sciolse.
Or poi ch’entrambo aviticchiati avinse
e ’n tal obbrobrio a suo voler gli colse,
de l’aguato in cui stava uscito il zoppo,
prese la corda, ov’atteneasi il groppo.

204.De la perfida rete il capo afferra,
indi del chiuso albergo apre le porte,
tira le coltre, il padiglion disserra.
e convoca del Ciel tutta la Corte:
e col Re de’ guerrieri entrata in guerra
scoprendo lor la disleal consorte
avinta di durissima catena,
fa de le proprie infamie oscena scena

203.«Deh venite a veder, se piú vedeste»
altamente gridava «opre mai tali!
L’Eroe divino, il Capitan celeste
ditemi è quegli lá, Divi immortali?
l’imprese sue terribili son queste?
questi i trofei superbi e trionfali?
Ecco le palme gloriose e degne,
le spoglie illustri, e l’onorate insegne!

206.Gran Padre e tu, che l’Universo reggi,
Vienne a mirar la tua pudica prole!
Cosí serba Himeneo le sacre leggi?
tali ignominie il Ciel permetter suole?
E che fa dunque Astrea negli alti seggi,
se punir i colpevoli non vole?
Son cose tollerabili? son atti
degni di Deitá scherzi sí fatti?