Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/435

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227.E questo ed altro ancor legger volea,
ma sdegnoso girò Venere il guardo,
e, per lanciarlo, un nappo alzato avea,
e ’l colpía, s’a fuggire era piú tardo.
— Sfacciato detrattor — disse la Dea —
cosí mi loda il tuo figliuol bugiardo?
Canti le proprie, e non l’altrui vergogne,
inventor di calunnie, e di menzogne! —

228.Di ciò Mercurio, che con gli altri intorno
stavalo ad ascoltar, si rise molto,
e quando la mirò d’ira e di scorno,
piú che foco soffiato, accesa in volto,
di quel selvaggio e rustico soggiorno
desv’iando l’amico entro il piú folto,
il sottrasse al furor de l’alta Diva,
che ne fremea di rabbia e n’arrossiva.

229.Era quivi Thalia fra l’altre ancelle,
pur come Citherea nata di Giove,
che le Grazie e le Muse avea sorelle,
una de le tre Dive, e de le nove.
Piú soave di lei tra queste o quelle
o la lingua o la mano altra non move.
Thalia ninfa de’ mirti e degli allori,
Thalia dotta a cantar teneri amori.

230.Costei d’avorio fin curvo stromento
recossi in braccio, e giunta innanzi a loro,
degli aurei tasti in suon dimesso e lento
tutto pria ricercò l’ordin sonoro,
indi con pieno, chiaro, alto concento
scoccò dolce canzon da l’arco d’oro,
e fur pungenti sí, ma non mortali
le note a chi l’udí ferite e strali.

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