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LA FONTANA D’APOLLO

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175.E se ben gli altri, che le bianche piume
per le piagge spiegar di Roma e d’Argo,
fur lor maestri, ond’ebber spirto e lume,
mercé ch’a quelli il Ciel ne fu piú largo,
questi, però che di Parnaso il Nume
gli ha destinati a posseder quel margo,
cantano soli a la gran Dea presenti,
tacciono gli altri ad ascoltare intenti.

1 76. Aristofane tu, ch’ornasti tanto
lá ne’ Greci teatri il socco d’oro,
tu, che d’interpretar ti désti vanto
il ragionar del popolo canoro,
e ’n scena il novo inesplicabil canto
spiegar sapesti, e le favelle loro,
tanta or dal biondo Dio mercé m’impetra
che distinguerlo insegni a la mia cetra.

177.Un ve ne fu, che sovra un verde Lauro
fece col suo cantar l’aura immortale,
ed illustrò dal Battriano al Mauro
quel foco, che d’Apollo il fe’ rivale;
dicendo pur, ch’a le quadrella d’auro
cede la forza del fulmineo strale,
poi che ne l’arbor sacra, al Ciel diletta,
dove Giove non potè, Amor saetta.

178.Altro, il cui volo pareggiar non lice,
ben su 1 ’ Ali l 1 g g 1 e r, tre mondi canta,
e la beltá beata, e Beatrice,
che da terra il rapisce, essalta e vanta.
Un suo vicin con stil non men felice
seco s’accorda in una istessa pianta,
perché Certaldo ammiri, e ’l mondo scerna
la sua Fiamma, e la fama a un punto eterna.