Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/541

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3.Tifi primier per Tacque alzò l’antenne,
con la cetra sotterra Orfeo discese,
spiegò per Taure Dedalo le penne,
Prometheo al cerchio ardente il volo stese.
Ben conforme a l’ardir la pena venne
per cosí stolte e temerarie imprese.
Ma piú troppo ha di rischio e di spavento
la strada inaccessibile ch’io tento.

4.Tento insolite vie, dal nostro senso
e dal nostro intelletto assai lontane,
onde qualor di sollevarvi io penso
o di questo o di quel le voglie insane,
quasi debil potenzia a lume immenso,
ch’abbaccinata in cecitá rimane,
l’uno abbagliato, e l’altro infermo e zoppo
si stanca al sommo, e si confonde al troppo.

5.E se pur che noi vinca e noi soverchi
l’infinito splendor talvolta a viene,
e che ’l pensier vi poggi, e che ricerchi
del non trito camin le vie serene,
imaginando que’ superni cerchi
non sa se non trovar forme terrene.
So ben, che senza te toccar si vieta
a sí tardo cursor sí eccelsa meta.

6.Tu, che di Beatrice il dotto amante
giá rapisti lassú di scanno in scanno,
e ’l felice Scrittor che d’Agramante
immortalò l’alta ruina e ’l danno
guidasti sí, che su ’l destrier volante
seppe condurvi il Paladin Brittanno,
passar per grazia or anco a me concedi
del tuo gran Tempio a le secrete sedi.