Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/543

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11.Quelle innocenti e candide Angelette,
da’ cui rostri s’apprende amore e pace,
non tenion giá, d’Amor ministre elette,
lo Smerlo ingordo, o ’l Peregrin rapace.
Con lor l’Aquila scherza, altre saette
nel cor che ne l’artiglio aver le piace.
I piú fieri dintorno augei grifagni
son di nemici lor fatti compagni.

12.Precorre e segue il carro ampia falange
(parte il circonda) di Valletti arcieri,
ed altri a consolar l’Alba che piange
col venir de la Dea volan leggieri.
Altri al Sol, che rotando esce di Gange,
perché sgombri la via van messaggieri.
Ciascuno il primo a le fugaci stelle
procura annunziar balte novelle.

13.— O tu, che ’n novo e disusato modo,
saggia scorta, mi guidi a quel gran regno
disse a Mercurio Adone — ove non odo
ch’altri di pervenir fusse mai degno,
pria ch’io giunga lassú, solvimi un nodo,
che forte implica il mio dubbioso ingegno.
È fors’egli corporeo ancora il Cielo,
poi che può ricettar corporeo velo?

14.Se corpo ha il Ciel, dunque materia tiene;
s’egli è material, dunque è composto;
se composto mel dai, ne segue bene
ch’è de’ contrari a le discordie esposto;
se soggiace a’ contrari, ancor conviene
ch’a la corrozz’ion sia sottoposto.
E pur, del Ciel parlando, udito ho sempre
ch’egli abbia incorrottibili le tempre. —