Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/593

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11.Gallia infelice, ahi qual s’appiglia, ahi quale
ne le viscere tue morbo intestino!
Rode il tuo sen profondo interno male
di domestico tosco e cittadino.
Pugnan discordi umori in corpo frale
sí ch’io preveggio il tuo morir vicino;
ed al tuo scampo ogni opra, ogni arte è vana,
se M e i) 1 c a pietá noti ti risana.

12.Pon’ colá mente a la gran Donna d’Arno
con qual valor la sua ragion difende,
né con petto tremante o viso scarno
fra tante cure sue posa mai prende.
Vorrebbe (e ’l tenta ben, ma ’l tenta indarno)
senza ferro estirpar le teste orrende,
le teste di quell’Hidra empia ed immonda,
di veleno infornai sempre feconda.

13.Che non fa per troncarle? ecco pospone
a le publiche cose il ben privato,
ed a l’impeto ostil la vita espone
per salvar del gran pegno il dubbio stato.
Ad accordo venir pur si dispone,
e sospende tra l’ire il braccio armato,
pur che ’l furor s’acqueti, e cessi quella
d’orgoglio insano Aquilonar procella.

14.Ma quando alfin la gran tempesta scorge
che l’aria offusca e ’I mar conturba e mesce,
e che l’onda terribile piú sorge,
e che ’l vento implacabile piú cresce,
al ben saldo timon la destra porge,
drizzasi al polo, e di camin non esce,
or con forza reggendo, or con ingegno
fra tanti flutti il travagliato legno.