Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/599

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235.Trema Casale; a temprar armi intesi
sudano i fabri a le fucine ardenti.
L’acciar manca a tant’uopo, onde son presi
mille dagli ozii lor ferri innocenti.
Rozi non solo e villarecci arnesi,
ma cittadini artefici stromenti
forma cangiano ed uso, e far ne vedi
elmi e scudi, aste ed azze, e spade e spiedi.

236.Il vomere giá curvo, or fatto acuto,
a Bellona donato, a Cerer tolto,
su la sonante incudine battuto,
d’aratore in guerrier vedi rivolto.
L’antico agricoltor rastro forcuto,
nel fango e ne la rugine sepolto,
vestendo di splendor la viltá prima,
ringiovenisce al foco ed a la lima.

237.Intanto e quinci e quindi ecco spediti
vanno e vengono ognor corrieri e messi,
ché ’l buon Re ch’io dicea, vuol che sopiti
sieno i contrasti, e la gran pugna cessi;
ed acciò che gli affar di tante liti
in non sospetta man restin rimessi,
ai deputati imperiali e regi
la consegnar de la vittoria i pregi.

238.S’induce alfin, capitulati i patti,
l’Eroe de l’Alpi a disarmar la destra,
e de’ diffinitor de’ gran contratti
tra le mani il deposito sequestra.
Ma qual rio sacrilegio è che non tratti
l’empia Discordia, d’ogni mal maestra?
Ecco da capo al rinovar de l’anno
novi interessi a nove risse il tranno.