Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/640

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95.Ben Reina mi par de le Reine,
cotanta in lei d’onor luce risplende.
Ed ha tre fanciullette a sé vicine,
in cui l’effigie sua ben si comprende.
E coronata d’or l’oro del crine,
vassene avolta in tenebrose bende,
e sotto oscuro manto e bruno velo
può d’ogni lume impoverire il Cielo. —

96.— Adone — ella risponde —, i’ ben vorrei
spegner la sete al bel desir che mostri,
ma scarsi sono a favellar di lei
non che gli accenti, i piú facondi inchiostri.
Non han luce piú chiara i regni miei,
non vedran piú bel Sol mai gli occhi vostri.
Con voce di diamante e stil di foco
cento lingue d’acciar ne dirian poco.

97.Altre volte soviemmi aver narrato
qual d’eccellenze in lei cumul si serra.
Oh quante palme, oh quanti allori il fato
ne la futura etá le serba in terra!
Ma di quanti travagli il mondo armato,
per maggior gloria sua, le fará guerra!
Che non può l’alta grazia, e ’l buon consiglio
e del provido ingegno, e del bel ciglio?

98.Ma di sue lodi, a cui di par non m’ergo,
dar ti potrá colei miglior novelle;
dico colei, che tu le vedi a tergo
tra ’l fido stuol de le seguaci ancelle.
Fama s’appella, e tien sublime albergo
lá ne l’ultimo Ciel sovra le stelle,
dove sorge fondata immobilmente
di diamante immortai, torre eminente.