Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/641

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99.Olimpo a Giove ingiurioso monte,
Atlante de le stelle alto sostegno,
Pelia, ch’altrui fu scala, Ossa, che ponte
per assalir questo superno regno,
l’Hemo, il Libano, il Tauro, o qual la fronte
erge a piú eccelso inaccessibil segno,
fora a questa d’altezza ancor secondo,
che passa il Ciel, che signoreggia il mondo.

100.Entrate innumerabili ha la rocca,
e ’l tetto e ’l muro in molte parti rotto,
di bronzo usci e balconi, e non gli tocca
(che gran romor non faccia) aura di motto.
Tosto ch’esce il parlar fuor d’una bocca,
a lei per queste vie passa introdotto,
e forma quivi un indistinto suono,
come suol di lontan tempesta o tuono.

101.Quivi la pose il gran Rettor de’ Cieli,
quasi guardia fedel, cauta custode,
perché ciò che si fa scopra e riveli,
nunzia di quanto mira, e di quant’ode.
Cosa occulta non è ch’a lei si celi,
e dá conforme a l’opre o biasmo, o lode.
Se si move aura in ramo, in ramo fronda,
esser non può, che da costei s’asconda.

102.De l’umane memorie ombra seguace,
sempre avisa, riporta, e parte, e riede.
Né riposa giá mai, né giá mai tace,
e piú quanto piú cresce acquista fede.
Garrulo Nume, e spirito loquace,
vita de’ nomi, e di se stessa erede,
possente ad eternar gli Eroi pregiati,
e far presenti i secoli passati.