Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/650

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133.Ve’ quel cerchio lucente, ove raccolte
quasi in aureo epiciclo, altr’ombre stanno.
Quivi in gran nebbia di splendore involte
le miglior di sua stirpe insieme vanno,
e foltissimo stuol di molte e molte
stelle terrene e Dee dietro si tranno;
ma di tutte è colei che le conduce
la lumiera maggior, l’unica luce.

136.Quella che seco parla, e che s’asside
sovra la rugiadosa erba vicina,
e d’esser del bel numero sorride,
pur con regio diadema, è Caterina;
e rintuzzar saprá l’armi omicide
c’han col tempo a sbranar Gallia meschina,
e saprá del gran corpo in sé diviso
saldar le piaghe, onde fia quasi ucciso.

137.Congiungerassi in nobil giogo e degno
l’ima al secondo, e l’altra al quarto E n k 1 c o.
Non si turbi però, né prenda a sdegno
di restar vinta da costei ch’io dico,
e di ceder a lei non pur del regno
lo scettro sol, ma d’ogni pregio antico;
non pur de la reai gloria e grandezza,
ma la corona ancor de la bellezza.

138.De l’istessa brigata eccoten’una
che come singoiar fra l’altre io sceglio,
che l’Arno e ’l Mincio illustra, e ’n sé raguna
del fior d’ogni beltá la cima e ’l meglio,
gemma d’Amore, e senza menda alcuna
di grazia e di virtú limpido speglio.
Lèonora, ch’onora ogni alto stile,
e desta amore in ogni cor gentile.