Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/667

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203.Fame o contagio (è ver), pioggia ed ecclisse
a chi ’l futuro investigar s’ingegna
da le stelle talvolta erranti o fisse
esser può ben, che di ritrarre avegna.
Pur talor riuscí, quando il predisse,
contrario effetto a quel che l’arte insegna,
onde si scorge espressamente aperta
la vanitá de la dottrina incerta.

204.Se quando egli predice o nebbia o vento,
vedesi in ciel rasserenare il Sole,
o quando un calor fiero e violento,
fredda l’aria divien piú che non suole;
non è questo infallibile argomento
de la fallacia pur de le sue fole?
ciò non l’accusa chiaro e manifesto
venditor di menzogne in tutto il resto?

205.Poi che il suo studio è mentitore e vano
in materie sí facili e sí trite,
qual può regola dar giudicio umano
ne le cose piú dubbie ed esquisite?
Di quel c’ha innanzi agli occhi aperto e piano
le cagion non intende assai spedite;
dico d’un fior, d’un’erba, o d’un virgulto:
ed osa poi di presagir l’occulto!

206.Quando l’infante è nel materno seno,
di qual sesso si sia non ben comprende,
e vuol, nato ch’egli è, spirto terreno
scoprir qual fin dal viver suo s’attende.
Cosa avenuta ei non capisce a pieno,
e quel ch’avenir deve, a spiar prende!
Non conosce se stesso, e quel che mira,
e del gran Giove ai chiusi arcani aspira.