Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/72

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70 la fortuna


55.Tace ciò detto, ed egli vago allora
di costeggiar quel dilettoso loco,
entra nel legno, e de l’angusta prora
i duo remi a trattar prende per gioco.
Ed ecco al sospirar d’agevol òra
s’allontana l’arena a poco a poco,
sì che mentr’ei dal mar si volge ad essa,
par che navighi ancor la terra istessa.

56.Scorrendo va piacevolmente il lido,
mentr’è placido e piano il molle argento,
e da principio del suo patrio nido
rade la riva a passo tardo e lento.
Indi a l’instabil fé del flutto infido
se stesso crede, e si commette al vento
lunge di là, dov’a morir va l’onda,
e con roco latrar morde la sponda.

57.Trasparean sì le belle spiagge ondose
che si potean de l’umide spelonche
ne le profonde viscere arenose
ad una ad una annoverar le conche.
Zefiri destri al volo, aure vezzose
l’ali scotean, ma tosto lor fur tronche,
il mar cangiossi, il Ciel ruppe la fede.
Oh malcauto colui ch’ai venti crede!

58.Oh stolto quanto industre, oh troppo audace
fabro primier del temerario legno,
ch’osasti la tranquilla antica pace
romper del crudo e procelloso regno!
Più ch’aspro scoglio, e più che mar vorace
rigido avesti il cor, fiero l’ingegno,
quando sprezzando l’impeto marino
gisti a sfidar la morte in fragil pino.