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94 la fortuna


151.Altro mormorator non è che s’oda
qui mormorar, che ’l mormorio del rivo.
Adulator non mi lusinga o loda,
fuor che lo specchio suo limpido e vivo.
Livida Invidia, ch’altrui strugga e roda,
loco non v’ha, poi ch’ogni cor n’è schivo,
se non sol quanto in questi rami e ’n quelli
gareggiano tra lor gli emuli augelli.

152.Hanno colà tra mille insidie in Corte
Tradimento e Calunnia albergo e sede,
dal cui morso crudel trafitta a morte
è l’innocenza, e lacera la fede.
Qui non regna perfidia, e se per sorte
picciol’ape talor ti punge e fiede,
fiede senza veleno, e le ferite
con usure di mèl son risarcite.

153.Non sugge qui crudo Tiranno il sangue,
ma discreto Bifolco il latte coglie.
Non mano avara al poverello essangue
la pelle scarna, o le sostanze toglie.
Solo a l’agnel, che non però ne langue,
liavvi chi tonde le lanose spoglie.
Punge stimulo acuto il fianco a’ buoi,
non desire immodesto il petto a noi.

154.Non si tratta fra noi del fiero Marte
sanguinoso e mortal ferro pungente,
ma di Cerere sì, la cui bell’arte
sostien la vita, il vomere e ’l bidente.
Né mai di guerra in questa o in quella parte
furore insano o strepito si sente,
salvo di quella, che talor fra loro
fan con cozzi amorosi il Capro e ’l Toro.