Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/121

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131.L’altro inganno di piú gli spiana e snoda
del contrafatto e magico sembiante,
e dice, che non miri, e che non oda
l’istessa Dea, se gli verrá davante:
ch’altro non fia ch’insidia, altro che froda,
che s’apparecchia a la sua fé costante:
ché sotto finta imagine e furtiva
sará la Donna, e sembrerá la Diva.

132.L’instriiisce del tutto, e gli ricorda
ch’ella d’ogni malia porta le palme;
che può con versi orrendi a Morte ingorda
far vomitar le trangugiate salme,
tòr malgrado di Dite avara e sorda
a l’urne i corpi, ed agli Abissi l’alme;
può sommerger il Sol nel mar profondo,
sotterra il Cielo, e ne l’Inferno il mondo.

133.Dicegli, che bisogno ha che si guardi
da le lusinghe sue qualor ragiona:
ch’ogni Fata ha per esche accenti e sguardi,
onde gli animi alletta, e gl’imprigiona;
ma dopo i vezzi perfidi e bugiardi,
sazia alfin gli schernisce, e gli abbandona.
Molti uccider ne suol, talun n’incanta
vólto in fera, in augello, in sasso, o in pianta.

134.Soggiunge ancor, che non dia punto fede
a le solite sue leggiadre forme,
poi ch’è tutt’arte in lei quanto si vede,
e l’essere al parer non è conforme;
e se ben d’anni e di laidezza eccede
qualunque fusse mai vecchia difforme,
supplisce si con l’artifício, ch’ella
ne viene a comparir giovane e bella.