Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/122

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135.E che ciò fa, perché vezzosa in vista
d’alcun semplice amante il cor soggioghi,
con cui (ché raro avien ch’altri resista)
sua sfrenata libidine disfoghi.
Ma se ’l perduto anel giá mai racquista,
uscito fuor di que’ profondi luoghi,
e con esso averrá ch’egli la tocchi,
tosto del ver s’accorgeranno gli occhi.

136.Finalmente lo slega, e de la foglia
dono gli fa, che piú del ferro è forte;
e l’ammaestra ancor come si scioglia,
quando allentar vorrá l’aspre ritorte.
Se ben fuggir non può fuor de la soglia,
mentre il fier guardian guarda le porte,
basterá ben, che quando altri noi miri,
disgiavato del peso, almen respiri.

137.Stupisce Adon di quanto egli racconta,
l’altro di sen si trae prima che parta,
possente a ristorar la doglia e l’onta,
lettra di linee d’òr vergata e sparta.
La Rosa, che ’l suggello ha ne l’impronta,
mostra onde vegna, e di chi sia la carta.
Dice la riga in su ’l principio scritta:
“ Al suo bel feritor la Dea trafitta ”.

138.La sciolse, e parve in un gli si sciogliesse
l’alma dal core, e che ’n aprir s’aprisse.
Poi quante note sii v’erano impresse,
tanti baci amorosi entro v’affisse,
perché considerò quando la lesse
qual amor la dettò, qual man la scrisse.
Fu del gran pianto, che ’n su ’l foglio sparse,
sola mercé, se co’ sospir non l’arse.