Vai al contenuto

Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/15

Da Wikisource.

9


19. Piú veloce che folgore o che strale,
dovunque il cieco Arcier soggiorna o regna
col pensier vola; ha nel pensier miirale,
e mille strane machine disegna.
Per trar da l’altrui bene il proprio male,
secrete cifre interpretar s’ingegna.
Corre dietro al periglio, e sa che ’n breve
quel che segue, e che brama, uccider deve.

20. L’occhio aguzza per tutto, e move il piede
tacita a l’ombra, e sconosciuta al Sole.
Si riduce a temer ciò che non vede,
e studia a procacciar ciò che non vòle.
Non men che ’l vero, il falso afferma e crede,
cercando quel che di trovar le dole;
e sta sempre sí dubbia e sospettosa,
che la notte non dorme, il dí non posa.

21. Un rospo ha in bocca, ed un pestifer angue
su la poppa sinistra il cor le sugge.
Giá mai non ride, a l’altrui rider langue,
e ciò che non è doglia, aborre e fugge.
Cosí sempre dolente, e sempre essangue,
per distrugger Amor, se stessa strugge.
Tra foco e ghiaccio si consuma e pasce,
vivendo more, e nel morir rinasce.

22. Piagne, freme, vaneggia, e trema e pavé,
l’Universo conturba ed avelena,
e ’n sé di buono insomma altro non have
ch’esser flagello a se medesma, e pena.
Ne l’antro istesso, entro ristesse cave
vive altra gente ancor d’affanni piena:
squadra di morbi, e legíon di mali,
suoi perpetui compagni e commensali.