Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/153

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259.Impommi cose pur, ch’altri non possa,
dimmi ch’io domi il domator d’Anteo.
Di’ che d’un calcio sol, d’una percossa
Polifemo t’abbatta, e Briareo.
Vuoi ch’io ponga sossovra Olimpo ed Ossa?
strozzi Efialte, e strangoli Tifeo?
Vuoi che sbrani ad un cenno, e che divori
del giardino di Coleo i Draghi e i Tori?

260.ch’io scacci di laggiú l’empie sorelle?
ch’io snidi di lassú la Luna e ’l Sole?
I denti svellerò da le mascelle
al rabbioso Mastin da le tre gole.
Catenato trarrò giú da le stelle
10 Dio ch’esser invitto in guerra suole.
Facil mi ha, se punto ira mi move,
tòr l’Inferno a Plutone, il Cielo a Giove.

261.Porterò sovra il tergo e su la fronte
soma maggior d’Atlante, e maggior pondo.
Del Nil sol con un sorso il vasto fonte
asciugherò quand’ha piú cupo il fondo.
Se venisse a cader novo Fetonte,
se minacciasse pur ruina il mondo,
meglio di chi l’ha fatto e stabilito
a forza il sosterrei con un sol dito.

262.I poli sgangherar de l’asse eterno
(pur che ’n grado ti sia) mi parrá poco.
II gran globo terren vo’ con un perno
a guisa di paleo librar per gioco.
11 fulmine passar del Re superno
al corso, e di vigor vincere il foco,
e stracciar a due man l’istesso Cielo
né piú né men come se fusse un velo. —