Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/171

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51.— Or piú tempo non è da far dimora —
soggiunse il ladro —, ognun pensi a se stesso.
Esseguir mi convien l’ordine or ora,
che di salvar costei mi fu commesso. —
Cosi disse, e per man prese Filora,
che fu costretta a forza irne con esso.
Pianse, e gridò, ma pose freno alquanto
lo spavento del ferro al grido, al pianto.

52.Filauro, in cui per l’acerbetta etade
eran gli spirti ancor debili e infermi,
oltre che fra tant’aste e tante spade
le forze avea d’ogni difesa inermi,
contro quel fier nemico di pietade
fu mal possente a far ripari o schermi,
né seppe altro il meschin che con querele
seguir la vergin mesta, e l’uom crudele.

53.Tal rondine talor, che veggia l’angue
guastarle il nido, e divorar la prole,
e le viscere care e ’l caro sangue
crudelmente lambir, s’afflige e dole.
Tra paura e dolor paventa e langue,
teme accostarsi, e dipartir non vòle,
e con pietoso gemito dolente
l’orecchie assedia a chi pietá non sente.

54.Veduto Adon, fra tanti casi avèrsi,
in quel punto Fortuna essergli destra,
si ch’essendo i ladron tutti dispersi,
rimanea solo in quella casa alpestra,
pigro non fu del tempo a prevalersi,
e salse ove s’apriva alta finestra.
Quindi affacciossi a risguardar nel monte,
e vide in vive fiamme ardere il ponte.