Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/183

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99.Aveva allor allor spogliato e scarco
d’alma e d’armi in un punto e Vespa e Grillo,
quando segnollo e come fera al varco
l’attese e giunse il faretrato Armillo.
Con l’arco in pugno, e con lo strai su l’arco
di traverso nel fianco egli ferillo.
Quei cadde in giú rivolto, e la saetta
scrivea note di sangue in su l’erbetta.

100.Sovragiunge a Guizirro un altro strale,
ed apre, aprendo al caldo umor l’uscita,
ne la guardia del cor, viva e vitale
officina del sangue, ampia ferita.
Passa la manca costa oltra quell’ale
che ministran col moto aura a la vita,
e nel centro del petto a fermar viensi,
dove il trono han gli spirti, il fonte i sensi.

101.Furfasso il gran guercio, in fra lo stuolo
piú d’un bandito a piè si tenea morto.
E’ non avea costui ch’un occhio solo,
e questo ancora il volgea torvo e torto.
Piega l’arme bicorne e manda a volo
anco una freccia il Sagittario accorto,
freccia, ch’eguale al fulmine congiunte
in sé torte ed aguzze avea tre punte.

102.Dal tridente mortai, che per la cava
conca de l’occhio oltre la coppa il fíede,
colui del lume onde la fronte ornava
orbo rimane in tutto, e piú non vede.
Pur mentre il sangue il volto e ’l sen gli lava,
drizza vèr lá, dond’uscio ’l colpo, il piede,
e corre, e grida, e porta in man due spade:
ma in un’asta caduta inciampa e cade.