Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/211

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211.Erano giá le cerimonie in punto,
il coltello e l’incendio in ordin messo,
e ’l ministerio abominabil giunto
a l’altar luneral molto da presso.
Lavorato l’altare era e trapunto
d’un drappo bruno a tronchi di cipresso.
Grand’urna alabastrina èravi suso,
che tenea di Morasto il cener chiuso.

212.In cima a l’ara con sembianze orrende
tutto armato d’acciar, d’acciar scolpito
de la Vendetta il simulacro splende,
stringe un pugnale, e sí si morde il dito.
Vermiglia fiamma il lucid’elmo accende,
fiero Leon le giace a piè ferito,
ch’a la ferita, ov’è confitto il dardo,
fiso rivolge e minaccioso il guardo.

213.La reverente e supplice Reina
colá dove la statua in alto appare
le luci alzata e le ginocchia china
umilmente spargea lagrime amare.
10 fatto intanto a la beltá divina
del bell’idolo amato il core altare,
fuor del foco traea de’ miei desiri,
quasi incensi fumanti, alti sospiri.

214.Mentre che tutto al sacro ufficio inteso,
fiero tributo a la severa Diva,
11 Sacerdote entro il gran rogo acceso
la sviscerata vittima offeriva;
io di ben mille strali il petto offeso,
sbranato il core, ed arso in fiamma viva,
Idolatra fedele, a la mia Dea
sacrificio de l’anima facea.