Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/218

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239.Cloridoro Pastor chiamar mi volli,
e d’Herbosco figliuol fingermi elessi,
che da’ campi d’Arabia aprici e molli,
dove pasciuti i regii armenti avessi,
a le case paterne, ai patrii colli
dopo molti e molt’anni il piè volgessi.
Ne fan festa i duo Vecchi, e lieto il ciglio
mostrano altrui del ritornato figlio.

240.Ma qual ne’ petti lor poscia s’aduna
vero piacer, quand’amboduo presenti,
dentr’ampio cerchio in su la notte bruna
comincio a sussurrar magici accenti!
Alzo gli occhi a le stelle, ed a la Luna,
poi mi raggiro a tutti quattro i vènti,
e vibrando con man verga di legno
caratteri e figure in terra io segno.

241.Segni efficaci no. Coleo o Thessaglia
ne l’infernal Magia non mi fe’ dotto.
Fui sol da Amor, cui nessun Mago agguaglia,
vani scongiuri a mormorar condotto.
Gran coppa d’oro, il cui splendore abbaglia,
da me dianzi celata era lá sotto.
Questa donata ai Vecchi aurea mercede
fu degl’incanti miei la prima fede.

242.«Questa >> diss’io «se ’l Ciel mi mostra il vero,
de l’occulto tesoro è poca parte,
però ch’a poco a poco, e non intero
quinci a trarlo in piú volte insegna l’arte.
Convienimi a far perfetto il magistero
intanto osservar punti, e volger carte.
Di piú Lune è mestier pria che si scopra»;
e ciò dicea sol per dar tempo a l’opra.