Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/219

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243.Non molto va, ch’ai dilettoso Parco
Dorisbe bella a passeggiar ritorna,
e rende d’aurei pomi il grembo carco,
e d’intrecciati fior le trecce adorna.
10 giuro per lo strai, giuro per l’arco
di que’ begli occhi, dov’Amor soggiorna,
ch’io vidi ad infiorar Torme amorose,
non so per qual virtú, nascer le rose.

244.A la beltá, ch’è senza pari al mondo,
11 finto genitor mi rappresenta.
La man le bacio, e in un sospir profondo
vien l’alma fuor, ma poi d’uscir paventa.
Molto mi chiede, e molto le rispondo,
salvo sol la cagion che mi tormenta:
ch’oltre il gran rischio, il qual mel vieta e nega,
colui che lega il cor, la lingua lega.

245.Spesso le luci in lei con dolce affetto
furtivamente innamorate giro,
e tal (quantunque breve) è quel diletto,
che mi fa non curar lungo martiro;
anzi il bramato e sospirato oggetto
piú desio di mirar, quanto piú miro;
né giá mai torno a rimirarla, ch’ella
non paia agli occhi miei sempre piú bella.

246.Non giá serici arazzi ornan le mura
del bel giardin, né d’or cortine altere,
ma tapezzate d’iminortal verdura
veston d’aranci e cedri alte spalliere,
le cui cime intrecciando era mia cura
bizarrie fabricar di piú maniere,
e di fronde e di foglie e frutti e fiori
componea di mia man cento lavori.