Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/225

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267.O ombre, o sogni, o fumi, o d’arid’erba
vie piú vili e piú frali onori e fasti,
o di mortale ambizion superba
abissi senza fin voraci e vasti,
s’alcun rispetto Amor vosco non serba,
a che piú nel mio cor fate contrasti?
Povera signoria, mendiche pompe,
se ’l corso al bel desio per voi si rompe!

268.Dorisbe, e che ragioni? insana voglia
come offusca a la mente il lume in tutto?
Qual diletto aver può Vergin che coglia
d’illeggittimo amor furtivo frutto?
Sai le leggi d’Egitto. Ah non discioglia
l’anima il freno a desir folle e brutto,
onde tu deggia poi tardi pentita
perder a un punto ed onestate, e vita!

269.E vorrai dunque tu, che fosti in sorte
a degno Eroe per degna sposa eletta,
gir poverella e misera consorte
a Pastor rozo in roza cappannetta?
Dal palagio al tugurio? ed usa in Corte
ad esser Donna, a farti altrui soggetta?
Celebrando colá tra gli orni e i faggi
nozze palustri, ed imenei selvaggi?»

270.Qui dal pianto il parlar l’è tronco a forza,
e le parole e i gemiti confonde.
«Ma chi sa» dice poi «se ’n tale scorza
alcun famoso Principe s’asconde?
Fors’ama, e teme, e di celar si sforza
le piaghe c’ha nel cor cupe e profonde.
Cosi certo pens’io, ché chi tropp’ama
creder suol volentier ciò che piú brama.