Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/238

Da Wikisource.


319.quando passando per l’orribil tana,
che fu giá de’ ladroni alloggiamento,
veggiono ad una quercia non lontana
un cadaver ch’appeso agita il vento.
Guarda Sidonio la figura estrana,
c’ha di femina il viso e ’l vestimento,
e perch’è l’aria ancor tra chiara e fosca,
dubbio è tra ’l si e ’l no, se la conosca.

320.Piú gli par, quanto piú le s’avicina,
Grifa la falsa vecchia, e certo è dessa,
che de l’ingiuria fatta a la Reina,
e de l’ira ch’avea contro se stessa,
che nata fusse sí mortai ruina
per la gran tradigion da lei commessa,
desperata d’Amor, non che pentita,
di Pafo occultamente era partita.

321.E giunta presso a la solinga cava,
ch’Adon giá travestito in grembo accolse,
mentre la turba ria la minacciava,
che colá per cercarlo il piè rivolse,
da l’antica prigion che la serrava,
sorpresa dal timor, l’anima sciolse,
ed a quel tronco poi fu per diletto
impiccata da lor, come s’è detto.

322.A pena agli occhi suoi Sidonio crede,
e s’accosta ben ben sotto la pianta,
alfin ringrazia il Ciel, che gli concede
d’un tanto danno una vendetta tanta,
e consolato assai di quel che vede,
prorompe — O cara, o benedetta, o santa
quell’arbor, quella mano, e quella corda,
che dal mondo smorbò peste sí lorda.