Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/256

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391.Ricevi, ombra paterna, anima chiara,
la morte mia de la tua vota in vece;
e ben quell’ira omai di sangue avara
col proprio sangue tuo placar ti lece,
ch’offerta ti sará forse piú cara
di quante mai questa crudel ne fece.
Darò con far tre alme a un punto liete
a me fama, a lei gioia, a te quiete. —

392.Cosí dice, e tremante il braccio stende,
slunga la spada, e volge al cor la punta;
ma Sidonio la man forte le prende,
ed a tempo la madre anco v’è giunta,
a cui largo dagli occhi il pianto scende,
giá d’amor tutta e di pietá compunta,
e ’l morir disturbando a l’infelice,
la riconforta umanamente, e dice:

393.— Fon’ giú, figlia, la spada insieme, e l’ira,
il pentimento ogni gran biasmo scolpa.
Morí Morasto, e se dal Ciel ne mira,
forse non tanto i nostri errori incolpa,
perché, se dritto al vero occhio si gira,
non fu l’altrui fallir senza sua colpa:
consolandosi almen, che non successe
fallo mai tal, che tanta emenda avesse.

394.Poi ch’ai passato mal non è riparo,
ed io deposti ho giá gli antichi sdegni,
vivi contenta, affrena il pianto amaro,
e del prim’odio ogni favilla spegni.
Abbi di te pietate, e del tuo caro,
ch’oggi mostri ha d’Amor si chiari segni;
degno teco d’unirsi ad egual giogo,
e degno d’altro laccio, e d’altro rogo. —