Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/283

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75.Vòlse baciar la bella bocca allora
la Dea d’Amor, ma di dolcezza svenne.
Fu per scoprirgli il ver senza dimora,
e d’abbracciarlo a pena si contenne.
Volea spuntar la lagrimetta fòra,
se non ch’ella negli occhi la sostenne,
perch’Amor con que’ detti a poco a poco
aggiunse ésca a la fiamma, e fiamma al foco.

76.S’asciuga i lumi, e gli solleva, e dice:
— Ceder convienti a forza al Ciel perverso.
Vuolsi goder, mentre si pote e lice:
ma che giova cozzar col fato averso?
Questa virgula qui, che la radice
de la linea vital parte a traverso,
e su ’l monte di Venere si spande,
scopre un nemico assai possente e grande.

77.Eccoti la cagion, ch’essule afflitto
fuor del bel nido a tapinar ti mosse.
Un rivai forte, un aversario invitto,
che ti spinse a fuggir, credo che fosse.
Vedi per la rascetta a passo dritto
due paralelle andar non molto grosse.
Sembran compagne, ed accoppiate in biga
montano in sii con geminata riga.

78.E da l’infima parte, ove la mano
s’annoda al braccio, con misura eguale
verso il superi’or dito inezano
l’una e l’altra del pari in alto sale,
e taglian l’altre due poste in su ’l piano
del tondo ch’è tra ’l polso e la vitale,
ma sono anch’elle da diverse botte
tronche per mezo in molte parti, e rotte.