Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/314

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199.Mentre una coppia in guisa tal contrasta,
l’altra per accordarla s’affatiga.
Prega quel, prega questa, e pur non basta
ad acquetar la fanciullesca briga.
Se la racconcia l’un, l’altro la guasta,
tanta è la stizza che di par gl’instiga.
Perché la questi’on non vada innanzi,
Vener lo sdegno oblia ch’ebbe pur dianzi.

200.A Mercurio dicea: —• Tu cerchi invano
la rete aver, che per mio mal fu fatta,
se l’arte non apprendi di Vulcano,
o non t’insegna Amor come s’adatta.
Non vaglion l’armi sue fuor di sua mano,
forza alcuna non han, s’ei non le tratta.
Senza lui (credi a me) ti giova poco
quando ancor abbi e la faretra e ’l foco. —

201.Dicea poscia al figliuol: — Figliuol perverso,
che vuoi tu far di quella inutil verga?
La brami forse acciò che ’l mondo asperso
di dolce oblio, nel sonno si sommerga?
Quasi in mortai letargo ognor sommerso
per te non sia, senza ch’oblio l’asperga!
Soverchio è ciò, se ponno i tuoi furori,
qualor ti piace, innebriare i cori. —

202.Travagliò molto con accorti accenti
Citherea per comporre ambe le parti,
fin ch’ai fin si placár gli sdegni ardenti
e i tumulti cessaro intorno sparti.
Con tal convenzion restan contenti
lo Dio de l’alme e l’inventor de l’arti,
che la verga e la rete e quegli e questi,
qualvolta uopo ne fia, l’un l’altro presti.