Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/315

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203.Venere, poi ch’alquanto ebbe deposta
l’ira, ch’ai bell’Adon pose spavento,
in piú solinga parte e piú riposta
vòlta a l’autor del suo dolce tormento,
— De la condiz’ion tra noi proposta
debitrice — gli disse — a te mi sento.
Se ben a torto ho mia ragion perduta,
t’è pur del gioco la mercé devuta. —

204.Per lo passeggio poi de la verdura
con parlar piú distinto ella gli dice:
— Cara parte del cor, cara mia cura,
dolce d’ogni mio ben fonte e radice,
se ben la bella e desiata arsura,
che mi strugge per te, mi fa felice,
contenta non sarò, ch’io non ti veggia
nel natio regno, e ne la patria reggia,

205.La reggia antica del Ciprigno stato
vota ancor serba la reai sua sede,
al cui dominio il mio Tiranno amato
(chi si sia questi io noi dirò) succede,
come di quella originato e nato
per genitore e genitrice erede.
Or a la signoria ch’a te s’aspetta,
piacciati consentir ch’io ti rimetta.

206.Senza capo e signor, che ’l freni e regga,
erra ed inciampa il popolo confuso,
qual greggia, a cui s’avien che non provegga
pastor, licenziosa esce del chiuso.
Per sí fatta cagion, che Re s’elegga
il Senato di Cipro ha giá conchiuso,
e di chi deggia al soglio esser assunto
dimane il tempo è stabilito a punto.