Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/33

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91.Pur il mio zoppo e povero marito
di contentarmi almen mostra desio:
e rozo, qualqual siasi, e malpolito,
pende in ogni atto suo dal cenno mio;
e quantunque da me poco gradito,
pur non ricuserá, se ’l comand’io,
ne le fornaci in Mongibello accese
a te medesmo edificar l’arnese.

92.E tu, per cui schernita ir mi conviene
con infamia immortai fra gli altri Dei,
sol intento a recanni affanni e pene,
nulla curi giá mai gli oltraggi miei,
anzi vèr me con l’odio entro le vene
rigido sempre ed implacabil sei:
onde, ben che d’Amor sia genitrice,
tra le felicitá vivo infelice. —

93.Con tai lamenti lo garrisce e sgrida
la baldanzosa adultera sagace,
onde il meschin, che crede a cieca guida,
tutto confuso la rimira, e tace.
A pena d’acquetarla si confida,
né gli par poco se n’ottien la pace:
ed ha per grazia alfin, quantunque accorto,
chiamarsi ingrato, e confessare il torto.

94.Cosí qualor piú furioso il piede
move ringhiando, e di superbia pieno,
Unicorno selvaggio, a pena vede
Vergine bella che le mostra il seno,
che de’ suoi spirti indomiti le cede
dimesso in tutto e mansueto il freno:
lascia l’orgoglio, ed a lambir si piega
la bella man che l’imprigiona e lega.