Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/342

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55.Sotto questa tribuna è l’altar grande
incortinato d’un trapunto estrano,
e di crespo broccato intorno spande
a quattro volti un padiglion sovrano;
e vi si può salir da quattro bande
per dodici scalin d’avorio piano,
cinti di seggi e baiausti aurati,
dov’han poscia a sedere i Magistrati.

56.Quivi in trono eminente, e di pomposo
barbaro drappo intapezzato ancora
siede d’oro forbito e prezioso
la statua de la Dea ch’ivi s’adora;
ed ha quel pomo in man tanto famoso
eh’immortalmente i suoi trionfi onora.
Tutta ignuda formolla il gran maestro,
se non quanto la cinge un vel cilcstro.

57.SI viva è quella effigie, e si spirante,
che quasi ad or ad or si move e parla,
né vi passa Romeo, né Navigante,
che non rimanga stupido a mirarla;
e tal mirolla, che furtivo amante
entrò di notte a stringerla e baciarla,
e del lascivo ardor sfogato in essa
lasciò la macchia in su ’l bel fianco impressa.

58.Havvi sculto d’Amor non men vivace
il simulacro di sí fatta pietra
che, come suole acciar sasso rapace,
ha virtú di tirar chi piú s’arretra.
A piè gli ferve inestinguibil face,
da l’omero gli pende aurea faretra.
Tien l’arco in una man, con l’altra il tira,
come ferir il cor voglia a chi mira.