Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/343

Da Wikisource.


59.Tosto che ’l sacro carro ivi si pose,
schiera comparve d’Àuguri indovini,
avezzi a presagir future cose,
cinti di bianche bende i bianchi crini.
Esplorando costor le fibre ascose
de’ palpitanti e tremuli intestini,
pronosticaro da quegli esti aperti
di vicina allegrezza indizii certi.

60.E ’l fino specchio di diamante terso,
che risplendea nel pettoral d’Astreo,
in cui sovente il popolo converso
ogni evento augurava o buono o reo,
e qualor fosco, o pur di sangue asperso
rendea ’l color, secondo l’uso ebreo,
temea di morte o danno altro futuro,
videsi lampeggiar lucido e puro.

61.Or per l’eburnea scala immantenente
presso a l’Idolo Astreo poggiato solo,
piegò con umil atto e reverente
la fronte al petto, e le ginocchia al suolo;
e mentre chino ancor de l’altra gente
nel piano inferior fremea lo stuolo,
de la ricca tiara i sacri arredi
tolse a la chioma, e se la pose a piedi.

62.Sovra l’ultimo grado inginocchiossi,
e vi fe’ varie offerte a suon d’Araldi:
de’ coralli purpurei i rami grossi
con copia di berilli e di smeraldi,
de’ papaveri molli i capi rossi,
cose che fan d’amor gli animi caldi,
pose su l’ara, e poi tra mille odori
diede a le fiamme gli sbranati cori.

22