Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/359

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123.Non cosí bella a lo sparir del giorno
dopo pioggia talor la Dea di Deio
l’innargentato e luminoso corno
trasse giá mai tra nube e nube in Cielo,
come tutto illustrando il tempio intorno,
de l’aria aperse co’ begli occhi il velo
il reai Damigello, il cui bel viso
fea visibile in terra il Paradiso.

124.Fe’ segno Citherea, sí tosto come
de la scalea fu su la cima asceso,
volergli circondar le belle chiome
de l’onorato e desiato peso,
e funne insieme col famoso nome
gran rimbombo d’applauso intorno inteso;
ma poi ch’esser deluso alfin s’accorse,
senza replica indietro il piè ritorse.

125.La centuria degli Arbitri, che quivi
i concorrenti a giudicar s’aduna,
onde tal disfavore in lui derivi
le ragion ricercando ad una ad una,
altra imperfezzion trovar, che ’l privi
de la spoglia reai, non sa, fuor ch’una.
Un picciol neo, che ’n su la destra gota
sparge tre nere fila, in lui sol nota.

126.Somiglia in puro latte immonda mosca,
anzi vago arboscello in prato ameno;
e quantunque non sia chi non conosca
ch’egli non n’è per questo amabil meno,
poi che su ’l bel candor quell’ombra fosca
è qual lucida stella in Ciel sereno,
ch’ella è macchia però convien ch’accetti,
ch’ancor che belle sien, son pur difetti.

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