Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/376

Da Wikisource.


191.Non ha la testa ignuda altro ornamento,
né pari a sí bel crin pompa si trova,
se non di mirto un fíl minuto e lento,
che smeraldo con or confonde a prova.
Par ch’egli giri un Cielo ad ogni accento,
e par ch’un Sole ad ogni sguardo mova,
par che produca ad ogni riso un fiore,
e par che calchi ad ogni passo un core.

192.Piú non dirò, né saprei meglio in carte
tanta beltá delinear giá mai,
né di tal luce ombrar picciola parte,
cieco da lo splendor di tanti rai.
Onde poi ch’ai desir mancando l’arte
dal suggetto lo stil vinto è d’assai,
industre imitator del gran Timante,
gli porrò del silenzio il velo avante.

193.Ben tra color ch’ai gran giudicio uniti
volgon dubbiosi opinione incerta,
sotto veli poria falsi e mentiti
forse giacer la veritá coverta,
se giá senz’altre omai dispute o liti
non la mostrasse lucida ed aperta
non ch’ai saggi e prudenti, anco ai piú sciocchi
il chiarissimo Sol di que’ begli occhi.

194.Lo splendor di quegli occhi ogni occhio abbaglia,
la bella bocca ogni altra bocca serra,
onde conchiude ognun, che non l’agguaglia
veracemente altra bellezza in terra.
— Cosa mortai ch’a tanto pregio saglia
chi cerca omai — dicean — vaneggia ed erra,
non sol per quanto fuor l’occhio ne vede,
ma per quanto il pensier dentro ne crede. —