Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/403

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11.Come se vuol talor putrido dente
sveller con destra man maestro accorto,
non su le fauci a por subitamente
va del tenace Can l’artiglio torto,
ma con stil dilicato e diligente
lo scalza in prima, e porge al mal conforto;
cosí Venere bella il bell’Adone
(preparando l’affetto) al duol dispone.

12.Piú volte si sforzò, ma non sapea
come, né donde incominciar devesse.
Egli è ben ver, che quanto a dire avea
negli occhi scritto e negli sguardi espresse;
e dal fanciul, che quanto ella tacea
pur con l’occhio e col guardo intese e lesse,
in quella dura e rigida partenza
chiedea con vive lagrime licenza.

13.— Convienimi — dice, e sciolto il freno al pianto
gli fa monil d’ambe le braccia al collo —
convienimi pur — né di baciarlo intanto
può l’ingordo desio render satollo —
convemmi ahi lassa (e con qual duolo e quanto,
e con che lingua, e con che cor dirollo?)
convienimi oggi da te far dipartita,
Idoletto gentil di questa vita.

14.Per celebrare il dí pomposo e festo
passo a Cithera, e ne vien meco Amore.
De’ sollenni apparecchi il tempo è questo,
onde lá fassi al mio gran Nume onore.
Io parto sí, ma se ben parto, io resto,
e mi si parte in su ’l partire il core.
Quest’assenzia, ben mio, fiera e crudele
altro per me non ha, ch’assenzio e fiele.