Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/430

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119.Chi giú s’attuffa, e chi risorge a galla,
chi balza in aria, e chi nel mar si corca.
Altri portato è da una Foca in spalla,
altri da una Pistrice, altri da un’Orca.
Qual sovra un Bue marin trescando balla,
qual su le terga d’una orribil Porca.
Questi da un nicchio concavo è condotto,
e quegli immane una Balena ha sotto.

120.Ed ecco in su quel punto uscir di fianco
Protheo, del Ciel de Tacque umido Nume,
Protheo, che ’l gregge suo canuto e bianco
menar ai salsi paschi ha per costume,
Protheo, saggio indovin, che talor anco
si cangia in sterpo, in sasso, in fonte, in fiume,
talor prende d’augel mentito volto,
talor sen fugge in fiamma o in aura sciolto.

121.Or con l’armento mansueto e vago
pasce Giovenco la materna mamma.
Or salta Orso brancuto, or serpe Drago
segnato il tergo di sanguigna squamma.
Or veste di Leon superba imago,
armando gli occhi di terribil fiamma.
Or vien Tigre, or Cinghiale, or per le rupi
latra fra’ Cani, ed ulula fra’ Lupi.

122.Questi qualor la notte il mondo adombra,
mentre il vento riposa, e Tonda, e ’l pesce,
i solchi azurri con sue schiere ingombra
e i procellosi campi agita e mesce.
Ma tosto ch’a fugar l’orrore e l’ombra
di grembo a Theti il Sol si leva ed esce,
cercar fuggendo il caldo ha per usanza
in opaca spelonca ombrosa stanza.