Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/429

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115.Non men come Reina e come Dea
la sua bella consorte ha soglio e scettro.
Da duo Pescidestrier conca eritrea
tirata, inalza un bel sedil d’elettro.
Quivi anch’ella al passar di Citherea
canta le fiamme sue con aureo plettro.
Tingon le pure guance ostri lucenti,
son coralli le labra, e perle i denti.

116.L’abito suo, che come il mare ondeggia,
di scintille d’argento un lume alluma;
bianco, ma ’l bianco imbruna, il brun biancheggia,
tal ch’imita al color l’onda e la spuma.
Sovra l’algosa chioma le lampeggia
di brilli adamantini estrania piuma,
e treccia a treccia in bei volumi attorta,
quasi groppo di bisce, in testa porta.

117.Incorona di gemme alto diadema
la fronte trasparente e cristallina,
a cui nel mezo balenando trema
piú che stella di Ciel, stella marina.
Pende in duo globi da la parte estrema
d’ambe l’orecchie gemina turchina,
ed al collo, a le braccia in doppi giri
fan monili e maniglie ambre e zaffiri.

118.Segue Forba con Forco; e Nereo il primo,
che ’ntreccia il bianco crin di verdi erbette,
per farle onor, dal fondo oscuro ed imo
raguna ostriche fresche, e perle elette.
Melicerta il fanciul tra l’alga e ’l limo
bacche e viole tenere framette.
Ino l’abbraccia, e mormorando insieme
Palemon con Portun rauco ne freme.