Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/441

Da Wikisource.


163.Qui negli angusti guadi entra del mare,
che da l’Abante separa il Beoto.
Opunte in prima, e Thebe indi gli appare,
dove i sassi dal canto ebbero il moto,
ed Aulide, ov’i Greci in su l’altare
l’alta congiura confermár col voto;
e col rapido Euripo oltre sen fugge
al Sunio estremo, ove ’l mar latra e mugge.

164.Su la destra poi torna inverso Atene,
e d’Eaco a la gran reggia appresso giunge,
sí che può di Corinto appo barene
l’Isthmo veder, ch’i duo confin congiunge.
Spingesi ad Epidauro ed a Trezene,
e Scilleo lascia, e lascia Argo da lunge;
e quindi di Malea corre veloce
a declinar la perigliosa foce.

165.E lungo il mar Lacon per le remote
spelonche, onde non senza alto spavento
da Tenaro a Pluton passar si potè,
a Messenia si cala in un momento,
e si scaglia di lá fino a le Piote,
che da’ duo figli del piú freddo Vento
quando seguir le tre sorelle rie
ebbero il nome de le sozze Arpie.

166.Di Zacinto al bel margine s’accosta,
che ’n spessi boschi in mezo a l’onda è steso,
né molto da Melena si discosta,
che da Cefalo poscia il nome ha preso.
D’Ithaca schiva la sassosa costa,
picciolo scoglio e sterile e scosceso,
ma per Ulisse suo chiaro riluce:
cosí sola Virtú gloria produce.